La presidenza Trump sta generando un clima di crescente panico nelle multinazionali americane e tra i consumatori, principalmente a causa di una politica commerciale che si distingue per la sua imprevedibilità. Dazi minacciati, imposti, poi sospesi, infine raddoppiati e ancora tolti: una girandola continua che rende impossibile per le aziende definire strategie a medio e lungo termine. Questa situazione è aggravata dalla lotta alla burocrazia, che, pur dichiarata con l’obiettivo di semplificare i processi amministrativi, si traduce spesso in ulteriori confusioni e blocchi operativi.
Le guerre commerciali scatenate da Trump rappresentano in questo momento l’aspetto più critico e preoccupante per il mondo aziendale statunitense. Non è solo l’aggressività con cui vengono introdotti i dazi a generare ansia, quanto piuttosto la totale mancanza di chiarezza e la caoticità con cui questi vengono gestiti. Da un giorno all’altro, le aziende possono trovarsi improvvisamente ad affrontare un significativo aumento dei costi, oppure veder vanificati mesi di pianificazione strategica a causa della cancellazione improvvisa di una misura annunciata.
Questo approccio caotico crea una situazione di costante incertezza. Gli executive delle grandi multinazionali americane, da sempre abituati a pianificare sulla base di scenari stabili e prevedibili, si trovano ora nell’impossibilità di prevedere con precisione gli effetti delle decisioni politiche sul loro business. Questa incertezza si riverbera inevitabilmente sui consumatori, preoccupati dai possibili rincari dei prezzi e dalla minaccia di una crisi economica generalizzata. Secondo recenti analisi riportate da Reuters, la fiducia dei consumatori americani sta mostrando segni di deterioramento proprio per effetto dei timori legati all’inflazione e alla volatilità dei mercati generata dai dazi.
In questo clima turbolento, l’unica certezza per il business americano sembra essere proprio la mancanza di certezze. Le continue inversioni di rotta, gli annunci contraddittori e la confusione gestionale rendono quasi impossibile fare qualsiasi stima o programmazione attendibile. Questa situazione, oltre a danneggiare le performance aziendali, mina il clima di fiducia complessivo, fondamentale per una crescita economica solida e sostenibile.

Fonte : business roundtable Q1 2025
Ma la situazione attuale non si limita solo alla questione dei dazi. Infatti, l’amministrazione Trump ha intrapreso altre politiche molto aggressive che molti analisti definiscono arbitrarie e rischiose per la stabilità complessiva del Paese. Tra queste spiccano i tagli generalizzati e drastici alla pubblica amministrazione federale, oltre che ai contratti che essa stipula con molte aziende della corporate America. Questo approccio, caratterizzato da una riduzione netta e immediata di risorse, ha impatti profondi, potenzialmente irreversibili, sulla capacità operativa e strutturale della pubblica amministrazione americana. Non si tratta solo di un taglio alla burocrazia inefficiente: le misure adottate spesso colpiscono servizi cruciali come sanità, educazione e ricerca scientifica.
A titolo esemplificativo, il Dipartimento dell’Istruzione è stato significativamente depotenziato, con licenziamenti improvvisi e interruzioni di programmi essenziali, come quelli destinati all’accesso scolastico di studenti con disabilità. Similmente, l’Istituto Nazionale per la Sanità ha subito drastici tagli, fermando importanti programmi di ricerca epidemiologica. Questi tagli hanno conseguenze che vanno ben oltre il breve periodo, rischiando di creare un’involuzione della società americana dal punto di vista sociale e culturale, oltre che economico.
Proprio per questi motivi, e provocatoriamente, vogliamo introdurre un parallelo con la Gran Bretagna post-Brexit.
La Brexit, infatti, ha mostrato con chiarezza quali possano essere le conseguenze di una politica economica isolazionista e protezionista: drastici cali nelle esportazioni, difficoltà nelle relazioni commerciali internazionali e un isolamento politico che ha fortemente indebolito la posizione del Regno Unito sulla scena globale. Similmente, gli Stati Uniti sotto l’attuale amministrazione rischiano di perdere quella centralità politica ed economica che li ha resi il riferimento mondiale degli ultimi decenni.
Gli effetti di lungo termine di queste politiche potrebbero dunque rivelarsi estremamente dannosi, portando il Paese verso una recessione o una pericolosa stagflazione. Già diversi analisti evidenziano come l’incertezza generata dalle guerre commerciali e dalla volatilità politica stia incidendo negativamente sugli investimenti interni ed esterni. Riprendiamo di seguito la pubblicazione di una tabella di raffronto sugli effetti precedenti dei dazi sull’economia americana del 2021 su 10 settori chiave da parte di USITC (United States International Trade Commission) citata nel nostro articolo precedente che trovate qui, dove l’ente americano ha stimato per il 2021, che i dazi sull’acciaio e sull’alluminio hanno portato a un incremento di 2,2 miliardi di dollari nella produzione interna di metalli, ma le aziende che li utilizzano hanno visto una contrazione della produzione di 3,5 miliardi di dollari nello stesso periodo: le tariffe possono creare vincitori e vinti all’interno dello stesso settore manifatturiero. Ecco l’analisi più da vicino sul codice 301 dove noi europei siamo molto ingaggiati.
Impatto delle Tariffe Sezione 301 sui Settori Manifatturieri country US

Le multinazionali, memori del passato, iniziano a guardare con crescente preoccupazione alla possibilità che il “Make America Great Again” si trasformi invece in una fase di declino economico.
Per evitare che gli Stati Uniti seguano effettivamente le orme della Gran Bretagna post-Brexit, è necessario un cambio di rotta deciso. Serve un approccio più pragmatico e collaborativo, che ponga al centro le relazioni internazionali stabili e una politica commerciale prevedibile e coerente. Solo in questo modo gli Stati Uniti potranno preservare la propria leadership economica e politica, scongiurando non solo un danno di immagine poderoso ma anche un rischio concreto di isolamento e recessione che oggi appare sempre meno lontano.
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