I vantaggi dell’automazione nelle PMI
Secondo una ricerca dell’azienda tech tedesca Fruitcore Robotics, più del 60% dei professionisti e dei manager delle PMI valuta positivamente l’ingresso di automi in azienda che semplifichino il lavoro di tutti e rendano il business più all’avanguardia, mentre il 14% delle imprese li ha già “assunti” nel proprio organico. Finora sono stati i lavori impiegatizi a beneficiare maggiormente della digitalizzazione, quindi si ritiene giusto estendere questi vantaggi anche ai reparti produttivi delle aziende.
In modo sintetico evidenziamo di seguito i vantaggi più evidenti:
- svolgimento di compiti ripetitivi
- pianificare al meglio le mansioni dell’intero organico
- meno carico di lavoro in generale per gli operatori, con conseguenti benefici psicologici e fisici
- prospettiva di crescita aziendale, con assunzione di personale qualificato e/o training formativi
Si percepisce tuttavia forte preoccupazione tra alcuni dipendenti e professionisti del settore, che temono la tanto discussa sostituzione di persone con automi all’interno delle aziende, con conseguente aumento (anche significativo) della disoccupazione: i robot infatti posso lavorare 24/7, non si ammalano mai e non hanno bisogno di ferie né di giorni di riposo. Inoltre, la grande robotica industriale spesso ha costi decisamente poco accessibili per una PMI tradizionale, motivo in più che fa desistere dall’innovazione. Infine, i volumi produttivi più ridotti delle PMI non consentono di trarre vantaggio dall’automazione industriale classica, che risulta efficace e vantaggiosa solo a partire da un determinato livello di produzione, quasi esclusivo delle grandi aziende.
Le differenze fra realtà grandi e piccole
Nelle realtà più grandi sono spesso inserite delle isole automatizzate, un insieme di macchine organizzate all’interno di una cella di lavoro in cui vengono installati uno o più robot, che massimizzano tempi e operatività. Sono attrezzature estremamente
flessibili e adattabili a qualsiasi tipo di lavoro, dotate di sistemi di visione artificiale 2D/3D, implementati anche con l’AI. Le isole si compongono principalmente di quattro tipologie di robot: gli antropomorfi (a forma di braccio umano, capaci di sollevare carichi importanti), gli Scara (veloci ma limitati nell’ampiezza e nella portata massima sollevabile), i Delta (detti anche “ragno”, molto veloci ma capaci solo di effettuare operazioni limitate, come pick and place) e i cobot.
Poiché all’interno delle isole si svolgono operazioni piuttosto pericolose e svolte da grandi robot che si spostano ad una velocità elevata, è necessario prendere precauzioni per l’operatore quando effettua il carico/scarico dei pezzi, manutenzioni o interventi di emergenza all’interno dell’area di competenza dei robot.
Esistono sostanzialmente due tipi di barriere:
- Barriere fisiche: la cella viene circondata da una struttura in metallo che racchiude tutta l’area di lavoro e vi si accede attraverso una porta allarmata che consente l’ingresso solo dopo aver disattivato il robot
- Barriere laser: all’interno dell’isola robotizzata vengono collocati sensori in grado di avvertire una presenza esterna e di rallentare o fermare il robot (e quindi tutta l’isola) in base al suo grado di vicinanza e di farlo ripartire immediatamente quando l’individuo è sufficientemente lontano. Il vantaggio è sicuramente il fatto di mettere in standby l’impianto senza dover spegnere e riavviare il robot.
I cobot, i migliori alleati per le PMI
Ed è qui che il progresso viene di nuovo incontro alle PMI, con i già citati robot collaborativi, o cobot. Essi hanno la forma di un braccio robotico montato su appositi basamenti e alla cui testa si trovano diversi utensili, che consentono loro di svolgere compiti diversi in base all’azienda in cui vengono collocati. I cobot sono di dimensioni ridotte e sono progettati per lavorare accanto e con gli operatori (sfatando il mito del già citato timore della perdita di posti di lavoro conseguente all’introduzione della robotica collaborativa), soprattutto svolgendo i compiti più ripetitivi come operazioni di pick and place, inscatolamento e confezionamento di pallet e manipolazione prodotti per il controllo qualità. La conseguente riorganizzazione dei processi produttivi permette quasi sempre la crescita delle aziende e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Altro punto a favore dei cobot è sicuramente il basso costo, in rapporto a quello degli automi industriali, favorito dalle loro dimensioni ridotte e dall’abbassamento dei costi di hardware e software degli ultimi anni. Anche l’interfaccia utente è sicuramente user-friendly ed intuitiva, permettendo agli operatori di programmarli facilmente con un training minimo, anche se non si è esperti di automazione.
Soprattutto in ottica della ripartenza del mercato, così sconvolto dai recenti cambiamenti geopolitici e ancora piagato dagli strascichi pandemici, le realtà produttive del tessuto industriale italiano possono introdurre la robotica collaborativa grazie a programmi di business process reengineering, dove col supporto di agenti competenti si può riorganizzare l’intero ciclo produttivo e parallelizzare le attività grazie all’introduzione dei cobot, facilmente (ri)adattabili a svolgere molti compiti.
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✅ A cura di Valentina dell’ufficio italiano di Pangea Studio Associato
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