Negli ultimi anni in Italia si cerca di promuovere sempre più il turismo enogastronomico: Il cibo italiano infatti, è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo ed attira sempre più persone provenienti da ogni angolo del pianeta. Il cibo del Belpaese è così apprezzato che purtroppo è sempre più vittima del fenomeno dell’Italian Sounding, ovvero prodotti (non solo agroalimentari) che presentano nomi e/o slogan che richiamano l’Italia ma che in realtà non hanno nulla a che vedere con la filiera produttiva ed occupazionale italiana. Qualche esempio? La Zottarella tedesca, la salsa Pomarola argentina, gli Spagheroni olandesi, l’olio d’oliva Pompeian from USA e non tralasciamo il famoso Parmesan, ormai diffuso in tutto il mondo. E per citare qualche vino, vi offro un bicchiere di Kressecco o Semisecco direttamente dalla Germania oppure di Crisecco moldavo.
Un fenomeno che comporta una grossa perdita di immagine e fatturato per ogni azienda della filiera agroalimentare italiana, dove gli operatori sono costretti ad abbassare i prezzi, ma che colpisce anche i consumatori, ai quali vengono spesso proposte imitazioni di più bassa qualità rispetto ai prodotti tradizionali.
Italian sounding e contraffazione: due fenomeni diversi!
Sembrerebbe che ci si trovi di fronte a prodotti contraffatti e quindi sanzionabili, ma in realtà si differenziano molto a livello legislativo: la contraffazione infatti riguarda illeciti commessi sulle denominazioni d’origine (DOP, IGP) oppure sul logo o sul copyright. Ma è perfettamente ammissibile evocare l’italianità e indurre il consumatore ad associare i prodotti all’Italia, dove con tutta probabilità non sono mai nemmeno passati.
Dove è maggiormente diffuso?
Secondo un rapporto di Assocamerestero, delle Camere di Commercio estere e Ambrosetti, che ha analizzato il fenomeno prendendo in esame 250 retailers della GDO di 10 paesi (USA, Brasile, Canada, Australia, Giappone, Cina, Francia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito). I paesi dove è presente una quota maggiore di prodotti che evocano l’Italia sono il Giappone (quasi il 71% dei prodotti non è autentico), il Brasile (70,5%) e la Germania (67,9%). Analizzando invece la tipologia dei prodotti, l’Italian sounding è più marcato nei ragù e nelle salse (61,4%), nel parmigiano (61%) e nell’aceto balsamico (60,5%). La leadership di produzione di articoli evocativi però spetta agli USA, dove le imitazioni del cibo italiano rappresentano oltre 40 miliardi di fatturato e spesso sono più redditizie della produzione di cibo locale: secondo alcune indagini svolte da Coldiretti, negli States solamente un prodotto su sette marchiato come italiano proviene davvero dal nostro paese!
Quanto costa in termini export il fenomeno?
Nel 2022 il mercato dell’Italian Sounding valeva più di 90 miliardi, di cui quasi il 70% (60 miliardi) era composto di stranieri che intendevano veramente comprare prodotti italiani, ma che sono stati ingannati da queste tecniche di marketing.
Basti pensare che il fatturato derivante dall’export agroalimentare si attesta anch’esso a circa 60 miliardi e se si conquistassero anche questi consumatori il dato raddoppierebbe!
Soluzioni possibili
Sono state individuate 7 linee guida per tentare una risoluzione rapida del problema:
- Necessario trasmettere con estrema efficacia il valore del made in Italy, organizzando iniziative di educazione del consumatore
- Introdurre metodi che dissuadano coloro che pubblicizzano prodotti adottando queste tecniche di marketing
- Adottare misure che consentano la tracciabilità dei prodotti
- Favorire la crescita di massa critica delle aziende italiane del food and beverage che possa rafforzare la loro competitività internazionale
- Ridurre le barriere tariffarie e doganali
- Coinvolgere le forze politico-istituzionali nazionali presenti all’estero
- Far leva sugli expat (italiani all’estero) come portavoce del made in Italy
Per tutelare le Vostre esportazioni alimentari e/o conoscere il posizionamento dei prodotti “Italian sounding” concorrenti sui mercati internazionali siamo a Vostra disposizione
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